Quale modello logistico per le PMI italiane
Quale modello logistico per le PMI italiane
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20 settembre 2017 - by: Paolo Sartor

Quale modello logistico per le PMI italiane

Il modello logistico delle imprese italiane si differenzia da quello utilizzato da quelle di molti paesi europei, a causa delle caratteristiche delle PMI italiane

Modello logistico per le PMI italianeTutti gli ultimi documenti, incluso il Piano della Logistica, approvato dal CIPE nel 2014 e i più recenti provvedimenti per il settore, sembrano voler confermare e affermare che la logistica è diventata un’attività strategica per l’intera economia nazionale. Nella vecchia Europa a 15 il nostro Paese si colloca al quarto posto come dimensione del mercato logistico con circa 60 miliardi di Euro; la Germania è al primo posto sfiorando i 130 miliardi, la Francia al secondo con 76 miliardi e la Gran Bretagna al terzo con 69 miliardi. La Spagna ha una fattura logistica pari a 29 miliardi di Euro. Due sono gli aspetti che più caratterizzano il mercato italiano della logistica rispetto a quelli dei principali paesi europei:
  • lo scarso tasso di esternalizzazione delle attività logistiche
  • e, salvo poche imprese, la ridotta organizzazione e dimensione degli operatori del settore.
Si tratta di due aspetti estremamente legati ed intrecciati e che si rafforzano a vicenda. Nel nostro Paese solo il 15% delle attività logistiche viene terziarizzata, contro il 39% in Gran Bretagna, il 30% in Francia, il 27% in Germania, il 26% nei Paesi Bassi e il 21% in Spagna. Al contrario, invece, deteniamo un primato nelle attività di trasporto che risultano terziarizzate per il 95%, contro il 94% della media europea e nella distribuzione 83% nel nostro Paese, rispetto al 65% della media europea. In pratica in Italia vengono terziarizzate dalle PMI (Piccole e Medie Imprese) solo le attività più semplici e a minor valore aggiunto, mentre la “fascia alta” dei servizi logistici non viene terziarizzata, perché sostanzialmente non se ne comprende la valenza, ma anche per mancanza di operatori in grado di offrire soluzioni aderenti alle specifiche esigenze del mercato. Alla radice delle carenze dal lato della domanda si trova certamente la dimensione caratteristica delle imprese industriali e della distribuzione che in Italia è assai minore a quella tipica dei maggiori paesi europei. Le piccole imprese esprimono una domanda di logistica guidata prevalentemente dall’esigenza di minimizzare i costi, piuttosto che da quella di migliorare la qualità della logistica. In altri termini, sono più condizionate dai fattori di competitività di breve periodo che da quelli di medio-lungo. Se le PMI sono scarsamente dotate di sistemi informatici e telematici standardizzati per la pianificazione delle attività logistiche, è improbabile che possano desiderare l’outsourcing logistico, nel timore di perdere il controllo dei processi produttivi. Ancora molto diffuse sono le clausole di vendita “franco fabbrica” e di acquisto “franco destino”, che naturalmente esprimono una scarsa propensione a esercitare il controllo sui flussi di merci in uscita e in entrata. La conseguenza di ciò è, tra l’altro, che le esportazioni e le importazioni delle PMI sono prevalentemente gestite dagli operatori logistici dei partner commerciali stranieri.
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